Si allarga a tutta la pubblica Amministrazione e si articola sull'intero triennio: è il programma di risparmi, anzi di aggressione alla spesa, che Giulio Tremonti vuol portare, forse già oggi, al Consiglio dei ministri. La massa di pagamenti "aggredibile" si aggira, dicono gli esperti, sui 40 miliardi. Non tutti, naturalmente, saranno sacrificati.
La manovra triennale sfiora i 35 miliardi, entrate comprese; ma su tutti i 40 miliardi di pagamenti, eccezion fatta per quelli bloccati dai diritti di terzi, da trattati internazionali e poco altro, cadrà la scure. L'idea, la cui veste formale – se decreto legge o Ddl – è stata in discussione fino all'ultimo, muove dalla riforma del bilancio avviata dal predecessore Tommaso Padoa-Schioppa, ha trovato per il 2008 una prima applicazione nel decreto Ici e ora si proietta al 2011 per tutte le Amministrazioni pubbliche. Si riferirà, almeno nelle intenzioni, sia alla spesa corrente, sia a quella in conto capitale. Dietro il meccanismo, ambizioso quanto complesso, c'è però anche l'affinarsi di un disegno politico, quasi una nuova Costituzione materiale, che va affermandosi in questi anni: attribuire al Governo, e in particolare all'Economia, poteri sempre più ampi e incisivi in materia di finanza pubblica, lasciando al Parlamento più l'apparenza che la sostanza delle decisioni affidandogli la ratifica delle scelte dell'Esecutivo. Lo si è visto con i maxiemendamenti del Governo che riscrivono le Finanziarie e che Camera e Senato sanzionano a colpi di fiducia.
Il nuovo intervento dev'essere operativo con il bilancio di previsione 2009. Il problema dei tagli alla spesa consiste nella sua rigidità, dovuta ai "fattori legislativi" che, per il solo bilancio dello Stato, ammontano al 92% dei pagamenti. Ogni capitolo di spesa si basa su una norma di legge. Soltanto modificando la norma si può cambiare la spesa che ne consegue. È questa la ragione del modesto successo di misure che incidono sui pagamenti "a valle", quali "taglia spese", "Gordon Brown" e simili. Alcuni pagamenti, poi, si confrontano con diritti soggettivi (pensioni, stipendi) o altre obbligazioni. Sono dunque intangibili. Sarebbe pertanto necessario rivisitare norma per norma le spese. Lo si farà, dicono all'Economia, e la base del lavoro consisterà nell'istruttoria svolta dalla commissione tecnica per la finanza pubblica che ha condotto una prima ricognizione su alcuni ministeri e il cui impegno è divenuto permanente grazie a una recente disposizione. Tuttavia, se – come intende l'Economia – il bilancio di previsione 2009, da presentare a fine settembre, dovrà incorporare i primi risparmi, serve un decreto legge che cancelli i pagamenti (anche approfittando del "taglialeggi" del ministro Roberto Calderoli) e permetta di costruire dei conti con tendenziali migliori. Insomma, con lo strumento del provvedimento urgente, subito operativo – iniziativa politicamente delicata – si toserebbero le grandi "missioni" (34 in tutto, quella del debito pubblico naturalmente esclusa, riguardanti le funzioni strategiche della spesa) nelle quali si suddivide il bilancio riformato, permettendo però di effettuare compensazioni tra i 168 "programmi" che le missioni costituiscono. Insomma, un bilancio per budget. Al Parlamento, il meccanismo dovrà essere spiegato, con dovizia di dettagli, con gli allegati al bilancio. Anche perché l'Economia ritiene il decreto presupposto logico e finanziario alla prossima manovra, dunque elemento di copertura della Finanziaria e vuol chiederne il "collegamento" in sessione di bilancio.
